Preghiera di ringraziamento per Sr. Eufemia con testi tratti dalla Spiritualità Carmelitana
Canto iniziale N. 186
Saluto ed esposizione
Salmo 63
2 O Dio, tu sei il mio Dio, dall’aurora io ti cerco, ha sete di te l’anima mia, desidera te la mia carne in terra arida, assetata, senz’acqua.
3 Così nel santuario ti ho contemplato, guardando la tua potenza e la tua gloria.
4 Poiché il tuo amore vale più della vita, le mie labbra canteranno la tua lode.
5 Così ti benedirò per tutta la vita: nel tuo nome alzerò le mie mani.
6 Come saziato dai cibi migliori, con labbra gioiose ti loderà la mia bocca.
7 Quando nel mio letto di te mi ricordo e penso a te nelle veglie notturne,
8 a te che sei stato il mio aiuto, esulto di gioia all’ombra delle tue ali.
9 A te si stringe l’anima mia: la tua destra mi sostiene.
10 Ma quelli che cercano di rovinarmi sprofondino sotto terra,
11 siano consegnati in mano alla spada, divengano preda di sciacalli.
12 Il re troverà in Dio la sua gioia; si glorierà chi giura per lui, perché ai mentitori verrà chiusa la bocca.
Risonanze personali
Alleluia
Maria e Marta
38Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. 39Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola.40Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». 41Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, 42ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».
DAL “CASTELLO INTERIORE” di TERESA D’AVILA
Per dare inizio ad un cammino di preghiera e di vita interiore
“Mi è venuta un’idea buona per prendere l’avvio partendo da una base sufficientemente solida: considerare cioè la nostra anima come un castello monolitico, ricavato nel diamante, in cui vi siano molte mansioni, come in cielo vi sono molte dimore.
In effetti l’anima del giusto non è altro che un paradiso, dove il Signore afferma di trovare le sue delizie. Io non trovo assolutamente nulla che sia paragonabile all’eccelsa bellezza e alla vasta capacità di un’anima. E in realtà le nostre intelligenze, per acute che siano, stentano davvero ad afferrarla.
E’ per noi una non piccola e avvilente disdetta il dover constatare che, per colpa nostra , non conosciamo noi stessi e non sappiamo nemmeno chi siamo.
Non ci premuriamo di sapere che cosa siamo, ma ci fermiamo invece a questi nostri corpi, e soltanto vagamente, per sentito dire, e perché ce lo afferma la fede, sappiamo di avere un’anima.
Ne viene che diamo pochissimo peso alla preoccupazione di conservare con tutto l’impegno la sua bellezza: il nostro assillo si polarizza unicamente sulla rozza incastonatura o sulla cinta esterna di questo castello, ossia il nostro corpo.”
Silenzio
Canto n. 334
Lc 11,5-13
Poi disse loro: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: «Amico, prestami tre pani, 6perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli», 7e se quello dall’interno gli risponde: «Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani»,8vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono. 9Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. 10Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. 11Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? 12O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? 13Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».
DA “STORIA DI SANTA TERESA”
La vita di preghiera
“Chi vuol dedicarsi all’orazione deve immaginarsi di coltivare un terreno ingrato e coperto di rovi, per farne il giardino del Signore.
Dapprima il divin Padrone strappa le cattive erbe e al loro posto ne semina delle buone. Tocca poi a noi, come giardinieri, di lavorare con l’aiuto di Dio, per far crescere queste pianticelle, e d’innaffiarle spesso, perché abbiano a portar fiori.
Vediamo adesso come si innaffi, vi hanno, a mio giudizio, quattro modi d’innaffiare un giardino. Si può attingere l’acqua al pozzo a forza di braccia, ed è una rude fatica, o col sussidio d’una noria (strumento idraulico per attingere acqua), e si ottiene così una assai maggior quantità d’acqua con minor dispendio di forze; oppure anche si può derivar l’acqua da un fiume o da un ruscello, e questo sistema è da preferirsi ai precedenti, perché la terra riesce meglio adacquata, il giardiniere ne ha minor pena e non è necessario ripetere così spesso l’operazione. Il quarto mezzo finalmente, e senza confronti il migliore, è una pioggia abbondante, quando il Signore lo innaffia Egli stesso.
Applichiamo adesso questi quattro sistemi d’innaffiare un giardino ai quattro gradi d’orazione.
Per i principianti, possiamo dire che l’orazione consiste nell’attinger acqua dal pozzo.
La loro meditazione non si compie senza fatica dello spirito……. E Dio voglia che nel pozzo vi abbia dell’acqua, intendo sentimenti interiori di devozione. Che farà dunque chi ne prova soltanto disgusto, noia, profonda ripugnanza? Che farà cotesto povero giardiniere? Si consolerà, si rallegrerà, considererà come una grande grazia l’onore di lavorare nel giardino del Re dei re; cercherà, non la propria soddisfazione, ma quella del suo Padrone”.
Teresa qui si sofferma a prodigare i suoi consigli, i suoi incoraggiamenti al povero giardiniere.
“Mai accingermi a pregare senza il sussidio di un libro: qualche volta leggevo poco, altre volte di più, secondo la misura della grazia che mi veniva accordata.
Un altro aiuto lo trovavo nella vista dei campi, dell’acqua, dei fiori: in tutte queste cose leggevo la bontà del Creatore, e il mio cuore si innalzava a Lui, benedicendolo de’ suoi benefici e chiedendogli perdono della mia ingratitudine…
Coll’aver cura di restare in compagnia di Nostro Signor Gesù Cristo. L’anima che se lo vede così costantemente innanzi a sé, a poco a poco s’infiamma per Lui d’un tenero amore…
Quando si hanno tali disposizioni, non vi ha più altro a fare che procedere con passo fermo, con una santa libertà di spirito, non bisogna comprimere i propri desiderii.
Una tenera abituale divozione sostituisce adesso la precedente aridità; ben presto, durante la preghiera, talvolta fin anche durante la lettura, ella è compresa da un profondo senso della presenza di Dio.
Soggiunge la seconda maniera di innaffiare stabilita dal Padrone del giardino.
Essa consiste nell’attingere l’acqua con l’aiuto di una noria e nel distribuirla per mezzo di canali, trovo ch’essa può paragonarsi all’orazione detta di pace.
In questa orazione le potenze dell’anima si raccolgono in sé stesse, per assaporare più deliziosamente la felicità di cui godono, la sola volontà agisce e si abbandona a Dio, per essere incatenata dal suo amore… Questo dolce riposo della volontà non dura a lungo senz’essere interrotto dalle altre potenze che turbano l’anima in luogo d’aiutarla. Che la volontà le lasci fare, e l’anima resterà nella calma. Un solo istante di questo riposo divino basta a ripagarla di tutte le fatiche che ha dovuto sostenere quaggiù.
L’anima si vede unita a Dio, e gliene rimane una tal certezza, che non può in nessun modo dubitarne.
Silenzio e Canto n. 231
Salmo 131
Abbandono fiducioso in Dio
1 Canto delle salite. Di Davide.
Signore, non si esalta il mio cuore né i miei occhi guardano in alto; non vado cercando cose grandi né meraviglie più alte di me.
2 Io invece resto quieto e sereno: come un bimbo svezzato in braccio a sua madre, come un bimbo svezzato è in me l’anima mia.
3 Israele attenda il Signore, da ora e per sempre
DA “LA SCIENZA DELL’AMORE” TERESA DI LISIEUX
La “Piccola via” per una grande Fede
“In qual modo può, un’anima imperfetta quanto la mia, aspirare a possedere la pienezza dell’Amore?
Nel cuore di Teresa lottano due pensieri: vorrebbe avere una grande fede, vorrebbe aspirare alla santità, volare come un’aquila, ma contemporaneamente ha una visione realistica della sua piccolezza e debolezza, della sua incapacità ad elevarsi tanto in alto: “io mi considero un uccellino debole… non sono un’aquila, ho dell’aquila solo gli occhi ed il cuore perché, nonostante la mia piccolezza estrema, oso fissare il Sole divino, il Sole dell’Amore, ed il mio cuore prova tutte le aspirazioni dell’aquila”.
Come dunque realizzare la sua aspirazione alla santità, vivere la sua fede profonda, nonostante la sua piccolezza? Ed ecco la sua grande intuizione “Invece di scoraggiarmi, mi sono detta: il buon Dio non può ispirare desideri inattuabili, perciò posso, nonostante la mia piccolezza, aspirare alla santità. Voglio cercare il mezzo di andare in Cielo per una via ben diritta, molto breve, una piccola via tutta nuova”. Con la sua fervida immaginazione crea un simbolo del suo desiderio: è necessario un “ascensore” per elevarsi fino a Dio e corrispondere pienamente al dono del suo Amore. Rileggendo la Scrittura trova risposta ai suoi desideri: “Se qualcuno è piccolissimo, venga a me” e ancora: “Come una madre accarezza il suo bimbo, così io vi consolerò, vi porterò sul mio cuore”. Le “luci nuove” della Scrittura la spingono ad un grido di gioia: “Ah, mai parole più tenere, più armoniose hanno allietato l’anima mia, l’ascensore che deve innalzarmi fino al cielo sono le vostre braccia, Gesù! Per questo non ho bisogno di crescere, al contrario bisogna che resti piccola, che lo divenga sempre più”.
Silenzio e preghiere spontanee
Padre Nostro
Benedizione e Canto finale n. 253